Il Disturbo Specifico di Apprendimento incide in maniera significativa sulla vita scolastica e relazionale del bambino. A scuola, infatti, egli trascorre gran parte del suo tempo.

Quello che per i compagni è automatico per il bambino con DSA non lo è: infatti, il ragazzo prova fatica ogni volta che gli viene chiesto di leggere o di scrivere. Poiché è molto intelligente e ha solitamente una buona consapevolezza delle proprie difficoltà, tende facilmente a sentirsi inadeguato nel confronto con i coetanei e ad evitare situazioni faticose che mettono in luce questa sua inadeguatezza.

Questa convinzione porta i bambini con DSA a manifestare in modo differente il proprio senso di inadeguatezza: alcuni si mostrano oppositivi o aggressivi ed arrivano a rifiutarsi di lavorare, altri manifestano il disagio con somatizzazioni quali mal di pancia, mal di testa, arrivando anche ad esprimere il desiderio di non andare a scuola.

Il bambino tende a vivere la difficoltà come una colpa è ciò lo fa sentire ancora più inferiore agli altri e, di conseguenza, ancora più inadatto. Ciò incide sempre più sulla sua autostima e sulla sua motivazione a lavorare e a confrontarsi con gli altri.

Questa situazione può creare nel bambino molta ansia, legata alla prestazione che nasce dal timore di deludere gli adulti per lui significativi (genitori, insegnanti…), qualora dovesse ricevere una valutazione negativa.

Se la situazione non viene gestita bene, il Disturbo Specifico di Apprendimento può generare tratti depressivi, che portano il bambino ad evitare l’insuccesso ritirandosi e isolandosi.

Un corretto inquadramento della difficoltà e una diagnosi accurata possono essere molto utili per aiutare il bambino a dare un significato alla sua fatica. Può essere determinante per permettergli di comprendere che le difficoltà che vive non derivano dal fatto che lui non sia intelligente o capace. È possibile aiutarlo a prendere coscienza del fatto che, percorrendo strade alternative e a lui più congegnali, può arrivare a risultati soddisfacenti.

È fondamentale, pertanto, che il bambino venga coinvolto in fase di restituzione del percorso valutativo e che gli venga spiegato, con parole chiare, come lui funzioni.

Non è però sufficiente fermarsi allo stato d’animo del bambino. È fondamentale ampliare lo sguardo per considerare il contesto relazionale in cui è inserito.

Oltre al vissuto del bambino è importante analizzare come sia vissuta la difficoltà dalla famiglia: spesso il bambino rischia di essere presentato ai genitori come un bambino “rotto” e quindi non funzionante. La famiglia si sente disorientata, senza strumenti per affrontare la situazione e sostenere il bambino e si sente sopraffatta dall’ansia di dover trovare un modo per “aggiustarlo” così che possa funzionare in modo efficiente.

Nel contesto relazionale del bambino, hanno un ruolo determinante anche i vissuti dell’insegnante, spesso schiacciato dal peso di molteplici situazioni “delicate” da gestire e di un programma di apprendimento da portare avanti al meglio.

Spesso l’insegnante possiede tutti gli strumenti e le competenze per gestire bene il bambino con DSA ma può trovarsi di fronte alla grande difficoltà di coordinare le numerose richieste che arrivano dalle famiglie e dagli specialisti.

Per queste ragioni, è molto importante costruire un lavoro di rete tra specialista, famiglia e scuola. Un intervento ben coordinato attenua l’ansia di tutti gli attori in gioco e permette di prevenire il sorgere di conflitti disorientanti tra gli adulti significativi per il bambino favorendo in maniera positiva e serena il suo percorso di apprendimento.

Alessia Galli – Psicologa, Psicoterapeuta, esperta DSA